
CALENDARIO GARE DI SCI PER IL 2008 - 2009
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/09categoriachildrendata
Sci Club..... tipo .... gara.... denominazione
Categoriespec. località
05-genPUGCHIALL/RAGGS Roccaraso
06-genPUGCHIALL/RAGGS Roccaraso
10-genpool da definireCHIALL/RAGSL Roccaraso
11-genpool da definireCHIALL/RAGSL Roccaraso
18-genSci Club NapoliCHIDerby CittadinoALL/RAGGS Roccaraso
24-genSci Club FagusCHIALL/RAGSLLaceno
31-genSai Napoliselez.Selez. PinocchioALL/RAGSGRoccaraso
07-febSai NapoliCHIALL/RAGGSRoccaraso
08-febSci Club VesuvioCHIALL/RAGGS Roccaraso
26-febCABCHIALL/RAGSGCampo Felice
28-febSCI CLUB 0,40CR-CHIALL/RAGGS Roccaraso
01-marSCI CLUB 0,40CR-CHIALL/RAGSL Roccaraso
02-marSCI CLUB 0,40CR-CHIALL/RAGSG Roccaraso
07-marSC TORREGRECO RQ-CHIALL/RAGGS Roccaraso
21-marSci Club VesuvioCHIALL/RAGGS Roccarasocategoria giovani e senior
05-genPUGQRGIOV/SENIOR GS Roccaraso
06-genPUGQRGIOV/SENIOR GS Roccaraso
10-genpool da definireQRGIOV/SENIOR SL Roccaraso
11-genpool da definireQRGIOV/SENIOR SL Roccaraso
17-genSci Club NapoliQRTr. KUHNEGIOV/SENIOR GS Roccaraso
24-genSci Club FagusQRGIOV/SENIOR SLLaceno
07-febSai NapoliQRGIOV/SENIOR GS Roccaraso
08-febSci Club VesuvioQRGIOV/SENIOR GS Roccaraso
21-febSai NapoliCRGIOV/SENIOR GS Roccaraso
22-febSC CasertaQRGIOV/SENIOR GS Roccaraso
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Page 2
28-febSCI CLUB 0,40QRGIOV/SENIOR GS Roccaraso
01-marSCI CLUB 0,40CRGIOV/SENIOR SL Roccaraso
07-marSC TORREGRECO QRGIOV/SENIOR GS Roccaraso
15-marSci Club ApogeoQRGIOV/SENIOR GS Roccaraso
21-marSci Club VesuvioQRGIOV/SENIOR GS RoccarasoCategoria Master
21-febSai NapoliMASTR. RegioniMASTERGS Roccaraso
22-febSC CasertaMASTR. RegioniMASTERGS Roccaraso
15-marSC ApogeoMASTR. RegioniMASTERGS RoccarasoGARE PUL/P1
04-genSci Club NapoliPULTR. SIFATTCuccioli/BabyGS Roccaraso
31-genSAI NapoliSELZSelz. PinocchioCuccioli/BabyGS Roccaraso
14-febSci Club NapoliPULTR. SIFATTCuccioli/BabyGS Roccaraso
15-febSci Club NapoliPULTR. SIFATTCuccioli/BabyGS Roccaraso
28-febSci Club 0,40PULTrofeo AmatoCuccioli/BabyGS Roccaraso
14-marSci Club NapoliPULTR. SIFATTCuccioli/BabyGS Roccaraso
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Con la “Staffetta Virgiliano Record” al Campo Virgiliano si chiude l’anno agonistico su pista dell’atletica regionaleVII edizione
Enzo Miceli, 18 dicembre 2008
Napoli. –A causa del maltempo è stata rinviata a domenica prossima(21/12/2008/) la VII edizione della “Staffetta Virgiliano Record” che conclude l’anno agonistico su pista dell’atletica regionale. La manifestazione del calendario regionale, organizzato dal team A.S.D. Atletica Virgiliano con la collaborazione tecnica della Fidal Campania, è in programma domenica mattina al Campo Sportivo Virgiliano di Posillipo. La manifestazione di corsa a Staffette vedrà impegnata tutte le categorie federali. La competizione outdoor regionale su pista, vedrà la partecipazione di circa 300 atleti provenienti da società di tutte le Province della Campania che si sfideranno su varie staffette a secondo le categorie di appartenenza. La gara posillipina su pista sarà diretta dal Gruppo Giudici e dei cronometristi della Fidal di Napoli. Il programma tecnico prevede per le categorie Esordienti “A”-“B-“C” maschili e femminili la staffetta 4x50m e per le categorie Ragazzi/e la 4x100m. Le categorie Cadetti/e si affronteranno nella staffetta Svedese(10m+200m+300m+400m) In gara anche le categorie Allievi/e che saranno impegnate nella staffetta 4x200m. Gli Assoluti maschili e femminili ed anche le categorie Master maschili e femminili, si confronteranno sui 100m. Nel programma tecnico anche le categorie Master maschili e femminili che si sfideranno sui 200m. L’atletica Virgiliano nel programma ha inserito anche la staffetta mista di Marcia giovanile 3x400m e la staffetta 3x1000m mista di Marcia Assoluti. L’organizzazione ha previsto la premiazione delle prime 3 staffette classificate per ogni categoria. Saranno premiati anche i primi 3 classificati nei 100m Assoluti maschili e femminili ed i primi 6 classificati dei 200m Master maschili e femminili. L’inizio della competizione è fissata domenica alle ore 9,15 con il via delle staffette 4x50m Esordienti femminili.
------------------------------ AUGURI DI BUONE FESTE ------------------------Lo staff di Abruzzocitta.it augura a tutti Buone Feste e Felice Anno Nuovo
Inoltre è lieto di comunicarvi le seguenti novità e vi invità a visitarle:
1) Nuova sessione sulle stazioni sciistiche in Abruzzo.
2) Nuova sessione per il settore Sci e Neve.
3) Attivazione ed aggiornamneto del Bollettino neve in Abruzzo.
4) Nuova sessione sulle Scuole di Sci in Abruzzo.
Lo staff di abruzzocitta.it rinnova gli auguri di buone feste e felice anno nuovo.
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Roccaraso è sorta intorno all'anno mille.
Dominava allora il complesso monastico di San Vincenzo al Volturno che ricevette in dono la terra di Quinquemilia al limite della quale cominciò a sorgere un centro abitato che trasse il nome dal torrente Rasinus e fu, quindi, Rocca Rasini. Rocca Rasini compare però nei documenti solo alla fine del secolo Xl. Com'era il tenore di vita , la cultura degli abitanti di questa Rocca Rasini? Le Uniche notizie che abbiamo a disposizione riguardano l'organizzazione governativa che vigeva a Roccaraso e Pietransieri le cui popolazioni erano tenute a proteggere il capoluogo, che era Castel di Sangro, per ordine del Re Federico il quale gestiva l'amministrazione dei paesi di Quinquemilia.
Cominciava a nascere il Comune del quale non ci sono tracce. Si stabilirano traffici con Firenze dove la lana (materia prima abruzzese) s'imponeva come prodotto commerciale. Il centro di raccolta delle lane era Sulmona. Di Roccaraso troviamo notizie più tarde, quando si trovava sotto la dominazione dei d'Avalos il paese era legato a Castel di Sandro dove risiedeva il Governatore. Ancora più tardi, e in pratica agli inizi dell'era moderna, ci sono dati precisi demografici ed economici. Intorno al settecento Roccaraso contava 300 abitanti con una economia fondata sull'industria armentizia .
Nel Settecento, si presentava come un tranquillo borgo ricco d'armenti e di pascoli dove la convivenza era facile e l'ambiente adatto ad una vita serena. E' l'epoca della rinascita agricola e della fondazione dell'antichissima arte tessile che troverà in Castel di Sangro un'industria fiorente ed affermata su basi solide che dureranno due secoli.
Una vita tranquilla, ordinata, permetterà la formazione di cospicui patrimoni familiari ed una consistenza finanziaria di numerose famiglie del paese. Agli albori del 1900,comincia lo sviluppo dell'industria turistica.Dopo il declino dell'arte tessile per effetto della concorrenza delle grandi industrie , Roccaraso investi'tutte le sue risorse nel turismo si cercava un sbocco all'esuberante offerta di lavoro locale, anche per frenare in il fenomeno dell'emigrazione.
Cosi cominciarono a sorgere i primi alberghi tra i quali l'hotel Monte Majella. L'ospitalità si estese alle case private e così tra il 1900 ed il 1915 cominciò lo sviluppo turistico della zona.
Roccaraso aveva il pregio della facilità di comunicazioni: la ferrovia arrivava fino al centro del paese, facilitando cosi' l'afflusso di turisti e bagagli, inoltre, la statale rendeva la sosta quasi obbligata. La corrente turistica, infine, proveniva quasi tutta da Napoli, (solo 140 km). In quell'epoca Roma era poco collegata ed i romani preferivano la meta più vicina di Tagliacozzo. Il turismo quindi era del tutto napoletano, tanto da meridionalizzare i costumi e perfino la lingua, com'era accaduto a Castel di Sangro. L'avvento della prima guerra mondiale, non lasciò gravissime conseguenze.
Al contrario la seconda guerra mondiale segnò una data importantissima nella storia di questa cittadina. Nel 1943 ci fu la distruzione del 98% del paese radendolo completamente al suolo. I primi anni della guerra erano passati lasciando indenne Roccaraso. A mano a mano che l'offensiva nemica si accentuava contro la città di Roma, Napoli, Bari i turisti si stabilirono a Roccaraso, cosi che la stagione estiva del '43 si prolungò inverosimilmente. Sembrava una situazione passeggera ma non fu così Chi avrebbe potuto mai immaginare che i tedeschi, si sarebbero stabiliti proprio a Roccaraso? Le forze tedesche si rafforzarono e poi di colpo, ci fu il bombardamento degli alleati, la pineta fu distrutta, alberghi e case furono bombardati. I tedeschi incendiarono e distrussero la frazione di Pietransieri ci furono 127 vittime, Roccaraso per la sua posizione strategica, fu la più colpita tra i centri dell'Altopiano Il tragico epilogo si concluse con la perdita dell antico teatro costruito nel 1698. I roccolani non si sono mai arresi, hanno ricostruito la loro città oggi attrezzatissima per accogliere turisti in tutte le stagioni , soprattutto in quella invernale. In questo sito troverete tutte le informazioni riguardanti le strutture ed i servizi offerti e vi accorgerete che i roccolani hanno fatto e stanno facendo moltissimo per offrire il meglio di questa località.
Ricordi d’altri tempi, della “mia Roccaraso”, riscoperta sprofondata nella storia, persa sotto le macerie disegnate dai genieri della Wermacht.

Ma quale benessere?
Io e qualcun altro continuiamo a chiedercelo di nascosto, con pudore, nella incomprensione e nella indifferenza, con la convinzione di non essere compresi nelle nostre inutili comprensioni…
Ugo Del Castello

Quel treno…
Ultimo della classe, pigro svogliato, si staccava dalla piattaforma della Stazione di Piazza Garibaldi, tra la disattenzione generale, alle zero quaranta.
Non lo degnavano di un’occhiata nemmeno i facchini che, malgrado i viaggiatori fossero curvi sotto il peso delle cassette per militari in licenza, valige di cartone legate con lo spago, spropositati fagotti approssimativi, non avevano per quel treno mai nulla da trasportare.
Treno autarchico, almeno dal punto di vista del facchinaggio. Ed a questa autarchia obbedivano soprattutto alcuni esseri strani e misteriosi che una sera, mai visti prima, come sbarcati da un ignoto paese, apparvero portandosi a spalla due lunghe assi cornute, impattate a due mazze di nocciolo con alla punta un chiodo e due rotelle di bambù.
Pantaloni alla zuava, scarponi di montagna, sacco alpino, occhialini scuri appesi al collo o sistemati a nastro sul cappello, andatura di allegrìa (si vedrà fra poco), carburata da un solido appetito.
Viaggiavano in terza classe e piuttosto che mettersi a dormire intonavano cori della naja. Un cantare dolce, caldo, melodico. Attenuato e in sordina diventava quasi un mugolìo di tribù pagana riunita a propiziare gli spiriti della propria divinità: la neve.
Una divinità surgelata rispetto al sole di Napoli ma bella, soave, immacolata e castissima, salus infirmorum, lontana e raggiungibile in otto ore. Otto interminabili ore notturne di un viaggio ch’era una veglia d’amore.
Non possono intenderla certo i viaggiatori del jet che in molto meno trasvolano continenti. Eppure fra quel treno e gli aerei d’oggi non sarebbe cattivo gusto elencare qualche differenza.
Quel treno partiva senza rumore e si fermava a tutte le stazioni. Non così fanno gli aerei che non si fermano mai. Qui si dorme, lì non si dormiva. Negli aerei nessuno oserebbe, anche se folle, mettersi a cantare. In quel treno il canto era un mito, una necessità primordiale, un bisogno religioso.
Sugli aerei si consumano pasti, serviti ad aria pressurizzata, leggeri più del vasellame che li contiene, commestibili in pochi minuti, sterilizzati, asettici, lucidi di cellophane, inodori, spesso insapori, ma sempre bilanciati come i mangimi del veterinario.
Per quel treno (che dopo molte piccole fermate si concedeva uno scalo di due ore, nel pieno della notte, a Caianello-Scalo) era possibile accomodarsi nella cucina del gestore del bar della stazione e sentirsi cavalieri erranti accolti da un ospitale signore del medioevo.
C’era un camino che vampava come un altoforno. A quel fuoco si arrostivano metri di salsiccia paesana. Strizzati nelle pagnotte, prima di essere addentati, gemevano oro suino a 24 carati. Si delibavano melanzane sotto aceto, si vuotavano fiaschi a volontà ed alla fine per stabilire un ordine in tante fonti di energia si ordinavano mozzarelline allo spiedo che nel rosolarsi ingentilivano l’atmosfera già satura di odori patriarcali piuttosto robusti.
L’accelerato, con le vetture ormai refrigerate dalla sosta all’addiaccio, si rimetteva in marcia alle quattro e dodici.
Tùnf, tùnf, Tòro-Presenzanòòò… Buio pesto. Non si vedeva né Tora, né il mobilissimo feudo di Presenzano.
Sesto Campanòòò… ciùf, ciùf, ciùfff… Venafròòò… fffff, tozza, tarchiata, la vaporiera grassottella, annusava la notte con sospiri di faville, con boccate di fumo che assomigliavano un poco a quelle del Vesuvio (allora ancora in attività di servizio).
Ripartiva per fermarsi. Ad ogni stazione gli stessi sbuffi, le stesse nubi basse di vapore nelle quali andava a perdersi la lanterna cieca, agitata dall’uomo nero, capotreno, capostazione, controllore, guardia-freni, l’uomo tutto, l’uomo-corno-di-ottone che ad ogni partenza soffiava ostinato la carica come il trombettiere di uno squadrone di cavalleria decimato fino all’unità: una cavalla solo, la locomotiva.
Roccaravindolààà, Macchia d’Iserniààà, Sant’Agapito-Longanòòò. E così sempre avanti nella notte sempre più fredda e più nera. Un favoloso itinerario, una litania di stazioni con due, tre nomi, anzi un nome, il cognome, la paternità. Carpinonèèè, Sessàno-Civitanova, Pescolanciano-Chiàuci, Carovilli-Roccasicura, San Pietro Avellana-Capracottààà.
All’appello non mancava nessuno. Sembrava senza mai fine quella lista di reclute d’una invisibile Armata del Sogno.
La vaporiera intanto, alla stazione di Castel di Sangro, si preparava all’ultimo balzo. Prendeva fiato come un atleta ormai molto avanti negli anni che sa per esperienza il fatto suo. Si faceva controllare da un esperto l’arma segreta dello spazzaneve che nella bocca le traballava come una dentiera.
Montenéro-Valcocchiara, Alfedéna-Scontrone: il primo brivido. Era già l’ora della “madrugada”, era cioè quel momento cosmico nel quale il giorno ancora non è nato e la notte si attarda a morire. Gl’italiani che sanno tradurre in proprio tante cose questa parola ancora non l’hanno assimilata. Bene, alla “madrugada” si scopriva il primo biancore della terra. Era la luce irreale, un manto che tuttavia esisteva e più che vedersi s’intuiva.
A Sant’Ilario Sangro, il miracolo del primo raggio di sole, il primo raggio di sole che insieme al treno del mattino saliva a dare il buongiorno alla Rocca sul Ràsine.
Altéra, superba, questa rocca? No tutt’altro. Era un pugno di case raggrumate come un gregge freddoloso intorno al campanile della chiesa madre. Un timido umile gregge vegliato dalla pace e dal silenzio. La cappella si San Bernardino a mezza strada tra la rocca e il santuario di Portella era chiusa dalla neve.
A Portella, in solitudine, viveva un eremita e nella più nuda semplicità cantava eterne lodi ascoltato soltanto dal Signore. Aveva una minuscola campana che nessuno suonava mai. Bastava già il suono di quelle della chiesa madre dove Sant’Ippolito il guerriero ostentava elmo e corazza o quelle di San Rocco che offriva ad esempio di patire le proprie morsicature a sangue raggrumato. Nella voce umana, familiare, intima, universale, sommessa, discreta, malinconica e dolce delle uniche campane di Roccaraso, ad ora fissa, si trasmetteva la voce e la presenza di Dio.
Qui, alla Rocca sul Ràsine, l’accelerato delle zero quaranta da Napoli, depositava alle 8 gli “skiatori” (si, proprio col “k”) che quando erano numerosi non superavano mai la ventina.
Si avviavano subito al Vallone di San Rocco disseminando nell’aria che odorava d’incenso, odori di catrame e paraffina. Sfoderati due magici nastri di pelle di foca li incollavano agli ski avventurandosi alla Selletta, all’Aremogna, al Rifugio, alle Toppe del Tesoro, al Fratello, al Monte Greco. Erano a volte capaci di una traversata difficile quanto quella di Nansen in Groenlandia: la Roccaraso-Scanno.
Erano pochi ed il silenzio li ingoiava come pesciolini buttati nell’oceano. Nella distanza sembravano formiche, puntini, granelli semoventi. Skiavano tutto il giorno col sacco sulle spalle dove portavano viveri, indumenti ed accessori preziosi, come ad esempio, una spatola in alluminio a forma di lancia. Era nientemeno che la punta di ricambio di uno ski. La possibilità di rottura era frequente. Quell’arnese stava agli ski come la ruota di scorta alle bucature di un’automobile.
Tornavano alla base entro le cinque della sera. L’accelerato del mattino era ad attenderli per riportarli a casa. Nel viaggio di ritorno dormivano tutti. Un sonno solo, da Roccaraso a Napoli, Piazza Garibaldi. Ed anche molti sogni!
Adesso a Roccaraso si arriva in due ore di automobile. Quel grumo di case addossate l’una all’altra, pecorelle di un gregge infreddolito, è un’esplosione di superbia e di spavalderia, una frenetica gara di condominii e grattacieli, pentacamere e triservizi. Al calore dei grandi alberghi fa eco la luce delle insegne fluorescenti che gridano alle falangi di sciatori: boutique,snack, night, coiffeur, bar, winter-sport.
Parole familiari al linguaggio dell’Italia del benessere in piedi su quella del malessere, l’Italia dei drinks, degli ski-lift, degli ski-pass.
Nel vallone di San Rocco c’è la SITAR con i cavi e i seggiolini del Belisario e di Roccata. Pelli di foca addio! All’Aremogna si arriva in automobile e la strada è sempre sgombra, il rifugio è in compagnia di alberghi, pensioni, ville sotto l’arcobaleno permanente delle funi di tre impianti che permettono di fare in un giorno più discese di quante una volta non si potessero fare in tutta la stagione.
Al Fratello, alle Toppe del Tesoro, ci si dà appuntamento come in città ad un caffè del centro.
Alla Portella, l’Eremita viaggia in utilitaria, fuma Marlboro, si nutre di Tvù. Per quanti si recano in chiesa l’incenso è chimico e le campane hanno la voce dell’Enel. Suonano elettricamente come le chitarre-beat. Il Curato indossa il clergy. Sulla neve di quella che fu la bianca, immacolata Rocca sul Ràsine, si posa un grasso velo di smog.
Alle cinque della sera la stazione ferroviaria è deserta e l’ultimo guardiano recita un requiem per un fantasma. Non parte e non arriva nessuno. Sui binari silenziosi scende con la sera un’ombra che assume le sembianze di un treno. E’ quello degli sciatori e chiede di essere ricordato ora che l’orgia del vivere si pasce di altri miti.
Emilio Buccafusca
Il racconto è apparso su DOVE LO SCI di Rolly Marchi - Milano
